Reading cinepoetico di Domenico Brancale
Scannaciucce è il nome crudele che nel dialetto lucano di Sant’Arcangelo i contadini diedero alla pianta dell’agave. Ai bordi di sentieri argillosi, le sue lunghe foglie contornate di spine ferivano con amara ferocia (scanna-re) l’asino (ciucce) al suo passaggio: una beffa della soma con la sua corona di spine imposta all’ignorante, all’idiota-poeta il cui idioma si scandisce in ragli, come una voce che dal silenzio si allarga e si sgrana fino allo strazio. Intendere il raglio è l’esperienza del “non c’è niente da dire, niente da fare”, e non c’è che questo niente in cui credere e gettarsi, là dove la parola poetica si dice e si scrive nel tremore di un fallimento, nella luce smarrita di un corpo che muore e di un altro che nasce. Intendere il raglio è riscoprire la propria identità nell’altro, scoprire nel volto umiliato della bestia l’invisibile divino.
A seguire video-presentazione di Blerina Goce.
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Gio 18 Aprile 2019
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