PRIMA ASSOLUTA - Dramma in musica
Tratto da “I Fiori di Papavero”
di Dario Carmentano e Grazia Lascaro
di Dario Carmentano e Grazia Lascaro
Angela De Gaetano: voce recitante
Musiche originali: Loredana Paolicelli /Nucleo Theatron Ensemble
Direttore: Gianluigi Borrelli
Costumi: Stefano Cavalleri
Audio e luci: Mirko Macina
Musiche originali: Loredana Paolicelli /Nucleo Theatron Ensemble
Direttore: Gianluigi Borrelli
Costumi: Stefano Cavalleri
Audio e luci: Mirko Macina
Fiori di Papavero è un racconto ambientato nell’italia Meridionale, durante il periodo delle invasioni barbariche. Siamo infatti nel iX sec. d.C. Si narra di una epopea drammatica, mistica e redentiva: un miracolo d’amore ed arte. Lotte e avvicendamenti di duchi e principi per la conquista di territori e po- tere, fanno da cupo sfondo alle vicende della duchessa di Benevento Romilda e di suo figlio Papavero. Romilda donna altera e forte, educata nello spirito dai guerrieri longobardi, viene rinchiusa in seguito alla sua disfatta, in un convento per volere dell’usurpatore e avversario di suo marito, il crudele Radel- chi. Privata di tutto, anche di suo figlio, partorito proprio in quel luogo diventato la sua prigione, perde quasi la ragione per il dolore e il trauma della perdita subita. il bambino invece, buttato giù da una rupe e salvato miracolosamente da un pastore, viene affidato alle cure di frati benedettini. Lo chiameranno Papavero per via dei suoi capelli rossi e svilupperà doti artistiche notevoli alimentate dagli insegna- menti di Fra Mariano, suo mentore e padre putativo. Papavero, perseguitato da Radelchi, lo stesso uomo che ha ucciso suo padre e ordinato la reclusione di sua madre Romilda, fuggirà dal convento di Fra Mariano per rifugiarsi, nei pressi della città di Matera, in una grotta utilizzata come ricovero dalle pecore. In questo luogo, circondato da una natura rigogliosa e preponderante, Papavero troverà pace e tranquillità. Qui avverrà la sua redenzione e la sua vena artistica raggiungerà livelli elevatissimi tanto da trasformare la grotta in cui si rifugia, ispirato dalla sua immensa fede e dall’amore per sua madre Romilda, in una delle chiese rupestri più belle e straordinarie di Matera, ancora oggi ammirata. Madre e figlio separati fin da subito, riusciranno infine, nonostante tutte le avversità, a ricongiungersi attraverso percorsi che vanno oltre ogni immaginabile narrazione.
Note di regia
Sono rimasta affascinata dalla storia di Papavero, perché questa storia è riuscita a parlarmi dell’inef- fabilità dell’arte. Fin dal primo incontro con gli autori riguardo all’ipotesi di allestimento, ho sentito l’esigenza di far ruotare la mia ricerca intorno ad alcuni concetti per me centrali nel racconto: l’arcaico, lo stupore, il corpo. Pur avendo una collocazione temporale precisa, questo racconto è intriso di arcaico, ossia è pregno della suggestione di un processo collettivo inconscio che nasce oltre una linea temporale definita; un processo così lontano nel tempo che sembra non riconoscere lo scorrere del tempo nel suo divenire, in quanto il tempo non gli appartiene. Il racconto si libra in una dimensione “pura”, affine a un “prima” che crea un bagliore intimo, una scintilla viva nella memoria individuale, riconnettendo l’istante presente con l’assoluto. Nel sangue e nella violenza dei fatti di cui è vittima, Papavero incarna lo stupore, pienamente, in ogni fibra del suo essere. E’ una creatura che viene mi- racolata dalla sua stessa arte. Papavero esiste in una lacrima di meraviglia, colta nell’istante in cui si fa goccia piena, e - solo per un attimo - è possibile scorgere al suo interno il riflesso di un mondo vivo in miniatura. Papavero è lì, in ogni goccia, fragile e potente al tempo stesso, con la sua estasi e con la sua sofferenza. L’estasi della sua arte e la sofferenza del suo corpo; corpo che si fa strumento con cui abita il mondo. il suo stare al mondo è essere “fuori” dal mondo, in un rapporto dinamico con la materia: la sua bocca articola suoni, i suoi occhi accarezzano il paesaggio, le sue mani plasmano immagini, conducendolo lì dove le sue gambe non potranno mai portarlo. il poeta octavio Paz scrive: “Albero di sangue, l’uomo sente, pensa, fiorisce e dà insoliti frutti: parole”. Lo spettacolo, attraverso l’incedere delle parole, ri-crea tempo e spazio e, scardinandoli da ogni convenzione, intreccia i nostri sensi e il nostro pensiero, lasciando entrare una luce cristallina attraverso le feritoie dell’anima.
Angela De Gaetano
Sono rimasta affascinata dalla storia di Papavero, perché questa storia è riuscita a parlarmi dell’inef- fabilità dell’arte. Fin dal primo incontro con gli autori riguardo all’ipotesi di allestimento, ho sentito l’esigenza di far ruotare la mia ricerca intorno ad alcuni concetti per me centrali nel racconto: l’arcaico, lo stupore, il corpo. Pur avendo una collocazione temporale precisa, questo racconto è intriso di arcaico, ossia è pregno della suggestione di un processo collettivo inconscio che nasce oltre una linea temporale definita; un processo così lontano nel tempo che sembra non riconoscere lo scorrere del tempo nel suo divenire, in quanto il tempo non gli appartiene. Il racconto si libra in una dimensione “pura”, affine a un “prima” che crea un bagliore intimo, una scintilla viva nella memoria individuale, riconnettendo l’istante presente con l’assoluto. Nel sangue e nella violenza dei fatti di cui è vittima, Papavero incarna lo stupore, pienamente, in ogni fibra del suo essere. E’ una creatura che viene mi- racolata dalla sua stessa arte. Papavero esiste in una lacrima di meraviglia, colta nell’istante in cui si fa goccia piena, e - solo per un attimo - è possibile scorgere al suo interno il riflesso di un mondo vivo in miniatura. Papavero è lì, in ogni goccia, fragile e potente al tempo stesso, con la sua estasi e con la sua sofferenza. L’estasi della sua arte e la sofferenza del suo corpo; corpo che si fa strumento con cui abita il mondo. il suo stare al mondo è essere “fuori” dal mondo, in un rapporto dinamico con la materia: la sua bocca articola suoni, i suoi occhi accarezzano il paesaggio, le sue mani plasmano immagini, conducendolo lì dove le sue gambe non potranno mai portarlo. il poeta octavio Paz scrive: “Albero di sangue, l’uomo sente, pensa, fiorisce e dà insoliti frutti: parole”. Lo spettacolo, attraverso l’incedere delle parole, ri-crea tempo e spazio e, scardinandoli da ogni convenzione, intreccia i nostri sensi e il nostro pensiero, lasciando entrare una luce cristallina attraverso le feritoie dell’anima.
Angela De Gaetano
Info aggiuntive
Palazzo Malvinni Malvezzi, Piazza Duomo, Matera
Inizio ore 19:00
Ingresso dalle ore 19:30
Posto unico
Intero 10 euro
Ridotto 7 euro (soci ordinari, unitep e studenti conservatorio)
Intero 10 euro
Ridotto 7 euro (soci ordinari, unitep e studenti conservatorio)
Prevendita presso Cartoleria Montemurro via delle Beccherie 69
Per prenotare
Email: prenotazioni@arteriamatera.it
a partire dai 7 giorni precedenti l’evento
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a partire dai 7 giorni precedenti l’evento
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Con il patrocinio
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teatro
referente
Per informazioni sull'evento:
Loredana Paolicelli
Telefono: 3334984245
Email: Loredanapaolicelli@icloud.com
Quando
Gio 29 Dicembre 2022
dalle h 19.30 alle h 22.00
Orario consigliato di arrivo: 19:00
Costo e Target
A pagamento
Adatto a tutti
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